Gianluca Trunfio ringrazia la sezione AIA di Reggio Calabria
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- Pubblicato: Martedì, 26 Aprile 2016 16:12
Cari amici,
inizio con una frase di una canzone:
"...Così sono partito per un lungo viaggio, lontano dagli errori e dagli sbagli che ho commesso, ho visitato luoghi per non doverti rivedere, e più mi allontanavo e mi sentivo di star bene..."
Si riassume in queste parole di Marco Mengoni la mia esperienza a servizio della Federazione nelle vesti di arbitro effettivo, negli organici della Sezione di Reggio Calabria sino a una sera di febbraio in cui ho apposto la firma per la delibera delle dimissioni. L'email spedita dal caro e disponibile Nino Palumbo ha fatto un viaggio di sola andata, terminando negli archivi della Segreteria Nazionale di Roma e lì ha dato il mio addio.
Una decisione ponderata, covato un pò di malumore che mi portavo dentro da qualche stagione calcistica, complice la grande e irrefrenabile voglia di tornare al calcio giocato, alla ricerca di nuovi stimoli. Sono entrato in punta di piedi, ho conosciuto persone meravigliose, alcune delle quali ancora oggi ho il privilegio di conservare, grazie ai grandi rapporti instaurati durante il periodo associativo.
Mi avete fatto sentire come uno di voi, sin da subito, e ancora prima di iniziare l'attività arbitrale. Mi avete gettato nella mischia, in uno dei più bei tornei che io ricordi, quello di Camigliatello, giocato tra i campi "Barone Collice" e "La Fattoria", vinto per manifesta superiorità e, senza presunzione, come testimoniano i risultati, più che nettamente, dotati di un forte gruppo, che ci ha contraddistinto per distacco, su tutti.
Un inizio da trionfatore, successivamente condito dall'esordio, dopo solo poche partite di calcio giovanile, in Terza, e via subito in Seconda Categoria. Ricordo quando ho fatto il "testa calda" (forse lo sono tuttora), addirittura al cospetto di Antonio Rosace, vulcanico e apprezzato designatore, nonchè una delle tante mie vittime sezionali, di imitazioni e di scherzi telefonici. Ricordo la sua sottile e profonda umanità che si nascondeva sotto quel carattere spigoloso, quel timbro vocale da sergente, quel carattere che ci accomunava.
Sono stato trattato sempre con grande rispetto e con grande attenzione anche da Gino Idone (nella foto), il Presidente che continua ad essere il mio Presidente anche dopo le mie dimissioni: persona presente, spesso anche al di fuori del contesto dell'A.I.A., quasi un secondo padre, benchè io un padre ce l'abbia e sia sempre un punto di riferimento nella quotidianità . Ecco, forse, anzi ne sono sicuro, Gino è il padre di tutti noi. Mi ha salvato più volte da errori fuori dal campo. Ricordo con piacere la simpatia di Franco Mallamaci e di Giorgio Panuccio. Ricordo ancora la pazienza di Marco Bianchi, che in quanto a Gemelli (segno zodiacale) ne sa qualcosa (avendo un fratello così). Il mio entusiasmo e la mia esagerata voglia di sapere lo soffocava, ma sembrava sopportarmi in silenzio. Ricordo la sua grande compostezza ed educazione, anche troppa nei miei confronti per quel che meritassi in quel periodo. Ero come un fiume in piena, tanta voglia di fare, ma sempre facendo scivolare il secchio del latte appena munto.
La mia testardaggine è stata così presto smascherata e riconosciuta, la stessa che mi ha condotto a rispondere più di una volta agli osservatori arbitrali. Soltanto con quattro mi trovai d'accordo, tali Fausto Intieri (all'esordio in Prima Categoria, "farai strada, ma occhio all'età "), Filippo Latella (spareggio salvezza Mosorrofa-Palizzi, "puoi avere di più"), Tonino Tavella ("tu di pallone ne mastichi") e un certo Borzomì di Locri (stupito dal fatto che "non hai paura di niente", arbitrai un Lazzaro-Santa Cristina di fuoco).
Sono stato sempre accompagnato da quel pizzico di scelleratezza che fa parte più di un calciatore di categorie minori. Il mio limite è sempre stato questo, mentre il mio equilibrio, quello che un direttore di gara deve avere, avrebbe avuto un'autonomia di breve durata.
Unitamente al fattore anagrafico (Intieri e qualcun altro hanno avuto ragione), l'aspetto comportamentale, focoso e ribelle, mi avrebbe presto presentato il conto: deferimento dalla Procura Federale per violazione di una norma che prevedeva l'ingiudicabilità tra i colleghi.
Non c'è da andarne fieri, anche perchè quel mio stato su Facebook causò una carneficina, quando l'unica carne da macello dovevo essere io. Chi commentò (nel solo e logico tentativo di farmi tornare sulla carreggiata della retta via, dissociandosi apertamente senza condividere minimamente la mia invettiva) il mio disprezzo social per l'operato di un collega si prese un deferimento. Non mi costa ammettere di aver sbagliato più e piùvolte, sebbene non sia quasi mai stato un problema il campo (sia nelle gare ufficiali che nei tornei cui la sezione ha partecipato), fuori, più di un episodio, mi ha riportato con i piedi per terra. Ma pronti via, sono stato capace di rovinare tutto anche con Laface (designatore regionale), sempre per quelle mie intemperanze incontrollabili. Ho avuto la fortuna di condividere meravigliose esperienze con voi ai campionati regionali e nazionali, a Camigliatello, a Catanzaro e a Paola, con un unico rimpianto: non siamo riusciti a vendicare le sconfitte in finale regionale contro Messina e in finale nazionale contro Napoli.
Il mio curriculum di arbitro non è certamente esente di clamorose macchie disciplinari e soprattutto per questo ho compromesso la possibilità di togliermi qualche piccola soddisfazione in più. Ognuno di voi compagni in questo arco di tempo mi ha regalato emozioni indimenticabili, con la E maiuscola.
Tante volte non abbiamo convenuto su alcuni pensieri, ma vi ho sempre rispettato. Nomino alcuni dei compagni sezionali più rappresentativi:
I fratelli Massara, Totò Turiano, Andrea Ieracitano, Filippo Ferrara, Mico Saccà , Gianluca Cugliandro, Angelo Cristiano, Fabrizio Schirripa, Gigi Catanoso, Leo Sgrò, Christian Bellè, Francesco Catona (nella foto), Peppe Ditto, Roberto Pungitore, Gianni Idone, Ale Gatto, Pasquale Libri, Luca Falcomatà , Peppe Nucera, Ciccio Cosso, Antonio Moscauto, Francois Zampaglione, Titti e Amedeo, i fratelli Celestino, a voi dico grazie per quello che mi avete trasmesso e perchè è con voi e i più giovani ("bomberino", Claudio Catalano, Nicola Cuzzola e company) che
ho alzato 4 trofei regionali (l'ultimo nella foto, dopo le finali regionali a Catanzaro) con la maglia di questa bellissima famiglia, lasciandola da vincente, come avevo iniziato.
Le ultime due finali regionali vinte ai rigori contro Locri e Paola mi hanno fatto cancellare le beffarde sconfitte con Lamezia a Bocale e con Messina a Camigliatello, ma non mi hanno più restituito il piacere di continuare a far parte di questa Associazione, per mancanza di nuovi stimoli.
Tornai dalla parte opposta (nella foto), forse troppo presto, è vero. Credo che dentro di me ci sia stato sempre un arbitro che ogni tanto voleva riprendere a fare il giocatore, "..che più si allontanava e più sentiva di stare bene.."
Ecco quindi il motivo per cui avevo deciso di salutarvi, trovando finalmente il tempo e la vena stilistica di farlo per iscritto e lasciare una tangibile, non so quanto indelebile, traccia di me.
Vi confido che, ogni qualvolta vedo una giacchetta nera pronta a dirigere una partita che io sto per giocare, scorre in me un brivido emotivo, malgrado i miei obiettivi siano da tempo diventati altri: Villese e Real Santo Stefano. Sono stato bene con voi e ancora oggi conservo i contatti, in nome di qualcosa che ci lega e ci legherà per sempre, tra le pagine del mio percorso calcistico. Concludo con altri due versi di Marco Mengoni, perchè la divisa non mi manca, però...
"Però ti voglio bene veramente, e non esiste un luogo dove non mi torni in mente... Mi sentirei di dirti che il viaggio cambio un uomo, e il punto di partenza sembra ormai così lontano..."
In ognuno di noi c'è un drago che morde, è un fuoco che non brucia mai,
si accende e si nutre di tutto quello che dai. Lottate sempre per raggiungere
tutti i vostri obiettivi, ve lo auguro di cuore. In campo come nella vita.
Gianluca Trunfio